Parole

Carlos Montemayor - Al poeta Tito Maniacco di Udine

tito-e-zapatista436-copia.jpg

ADDIO AL POETA TITO MANIACCO, DI UDINE

(23 gennaio 2010)
di Carlos Montemayor

Dicono che nella giornata di ieri il mio amico abbia intrapreso un lungo viaggio.
So che noi poeti siamo abituati a percorsi vasti.
A volte hanno inizio dalla nostra tavola,
dalla finestra, da una pagina bianca.
I nostri lunghi viaggi non sono per scoprire o conquistare territori.
Quando riusciamo a ritornare,
spesso ci rendiamo conto
che possiamo solo comprendere
i territori che sono nostri.
Tantomeno li facciamo desiderando essere presenti in più luoghi,
ma solo in certi posti, in alcuni momenti.
Non possiamo rimanere per sempre nella donna che abbiamo amato,
nell’abbraccio del sole e delle terre che sono state la nostra famiglia.
Non possiamo estendere per sempre
il brindisi con gli amici fraterni e narratori,
che cantano e discutono fino a svegliare l’alba.
Non viaggiamo nemmeno per raggiungere il sollievo della poesia che ci ha guidati:
ma per ascoltare il nostro cuore, che non vuole capire.
Dicono che il mio amico abbia intrapreso un lungo viaggio.
Immagino si tratti di una nuova giornata verso la luce.
Una luce ora lo riceve, lo avvolge
e gli svela come siamo.
Forse, dopo il tunnel di luce che ha percorso,
lo accoglie un soffio leggero di aurora,
forse un velo grigio di silenzio,
o forse un piccolo villaggio in festa.
Mi sembra di vedere il paese nelle valli delle Prealpi.
O sarà sulle alture della cordigliera dello Yang Tse?
In quella catena di montagne,
conosciuta come la muraglia di Chiang Tsun,
dove finisce presto l’estate
e arrivano i venti freddi del nord,
dove le aquile volano sopra le vette
e il loro volo sembra un disegno,
assomigliando ad un pensiero?
Desiderava ritornare là, forse.
O probabilmente ci troviamo dentro la pagina bianca del suo viaggio,
là alza le braccia e ci chiama,
siamo parte di quella festa che non finisce,
parte di quel lungo viaggio che
continua a cercare e accogliere ciascuno di noi.
Lo scorgo laggiù, lontano.
Alzo la mano per salutarlo.
Pur sapendo che viaggia fra di noi.

Traduzione di Gabriella Cecotti
ADIÓS AL POETA TITO MANIACCO, DE ÚDINE

(23 de enero de 2010)
Por Carlos Montemayor

Dicen que el día de ayer mi amigo emprendió un largo viaje.
Sé que los poetas estamos acostumbrados a dilatadas travesías.
A veces las iniciamos desde nuestra mesa,
desde la ventana, desde una página en blanco.
Nuestros largos viajes no son para descubrir o conquistar territorios;
cuando logramos regresar,
a menudo nos damos cuenta
de que sólo pudimos comprender
los territorios que son nuestros.
No lo hacemos tampoco porque deseemos estar en muchos lugares,
salvo en ciertos sitios, en algunos instantes.
No podemos permanecer para siempre en la mujer que hemos amado,
en el abrazo del sol y de las tierras que han sido también nuestra familia.
No podemos extender para siempre
el brindis con los amigos fraternos y disertadores,
que cantan y discuten hasta que despiertan el alba.
Tampoco viajamos para alcanzar el aliento de la poesía que nos guió:
sí para escuchar nuestro corazón, que no quiere entender.
Dicen que mi amigo ha emprendido un largo viaje.
Me imagino que se trata de una nueva jornada hacia la luz.
Una luz ahora lo recibe, lo comprende
y le explica cómo somos.
Quizás, tras el túnel de luz que ha recorrido,
lo recibe un aliento suave de aurora,
acaso un velo gris de silencio,
o tal vez un pequeño poblado que está de fiesta.
Me parece ver el pueblo en los valles de los Prealpes.
¿O será en lo alto de las cordilleras del Yang-Tsé?
¿En aquella cadena de montañas,
las conocidas como las murallas de Chiang Tsun,
donde termina pronto el verano
y llegan los vientos fríos del norte,
donde las águilas vuelan sobre las cumbres
y su vuelo parece un dibujo,
se asemeja a un pensamiento?
Quería regresar ahí, acaso.
O posiblemente estamos en la página en blanco de su viaje,
Ahí levanta los brazos y nos llama,
somos parte de esa fiesta que no termina,
parte de ese largo viaje que a cada uno de nosotros
nos sigue buscando, nos sigue recibiendo.
Lo distingo allá, a lo lejos.
Levanto la mano para saludarlo.
Pero sé que viaja entre nosotros.