Avevamo vergogna di cantarla. Non facevo finta, non muovevo le labbra nel coro dei molti, le tenevo ferme. Bisognava essere fieri e non goffi, felici e non tesi, in piedi ma non impettiti per avere diritto di darle voce. La cantavano in molti, senza pensiero di essere gli ultimi, la fila che chiude la banda musicale. La cantavano per desiderio di possesso, per affermare: è nostra. È la nostra, dicevamo noi, i ribelli, i rivoltosi, i rivoluzionari degli anni Settanta e sfondamento negli Ottanta, sillabando a gola tesa: l’Internazionale. E ci stava come una nonna presa in girotondo dai nipoti e aveva il fiato grosso per quanto si correva, e diceva sconsolata: “Ah futura umanità”.
Erri De Luca