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CALENDARIO 2009

CALENDARIO 2009
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CALENDARIO 2009

Il calendario è un catalogo inventato, come quello che raggruppa in costellazioni le luci sparpagliate della notte. L’astronomia traccia linee tra i punti luce, gioca alle figurine, vede la zoologia nell’ammasso notturno: l’aquila, lo scorpione, il toro, l’ariete, i pesci, il leone. Così fa pure il calendario con il tempo, scandendolo tra battiti e anni luce. Il biancoenero è un fumo che si dirada e si distribuisce sulla carta. Qui si narra la storia del fumo che diventa uomo, fabbrica, cotone, sorriso, acqua, capanna. Qui si riconosce una provenienza. Nonera frottola magnifica la notizia biblica della polvere e del soffio umido uscito di bocca alla divinità a combinare Adàm. Era il biancoenero di una fabbrica prima, fumo che si rapprende. Entrò nelle narici inerti. Non era frottola a lusingare la nostra povera materia prima, oltre che la nostra ultima consistenza. Siamo fatti del grigio della polvere al suolo e del fiato di un vento.

Omar Khayyam, poeta dell’Islam, la riconobbe, quella degli antenati, in un impasto di vasaio. Al tornio vedeva modellare la cenere e la polvere delle vite trascorse e sbriciolate. L’acqua ridava loro l’elastico di una forma. Fa così, quando piove sul Negev in aprile e risveglia di fioriture il suo tappeto. Prima di Omar, già Isaia aveva puntato l’indice del tu. “E adesso lod tu sei padre nostro, noi l’argilla e tu il nostro vasaio e opera di tua mano tutti noi” (64,7). Il biancoenero narra quest’argilla. Lontano da città, da civiltà ammucchiata a strati, dove il più basso regge con la schiena la platea e il loggione dei pasciuti, lontano dall’inganno dei colori, uniti solo nell’arcobaleno ma divisi in terra da bandiere, epidermidi, uniformi: nel largo dove l’umanità si accampa provvisoria, splende il suo biancoenero di origine. Da qui scendemmo i gradini sbilenchi delle disuguaglianze, qui torneremo a racimolarci, dopo lo sfoltimento prossimo venturo. Ogni volta che Danilo torna da una periferia, da un bordo del mondo, io riconosco il centro. Il suo biancoenero è profezia ma pure sostanza chiusa nel midollo. Raggiunge un sorriso e lo riporta indietro, osso felice in bocca a lui randagio. Uno solo di questi sorrisi fa lume sufficente al nostro opaco, squilla più del gallo dell’alba. Torneremo, anzi torneranno i salvati a casaccio che ci seguiranno, a schioccare questi sorrisi dalle loro labbra.

Erri De Luca