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Patkar Medha - Un fiume danzante

Il fiume Narmada, conosciuto anche come Reva, è un fiume pieno di cascate, danzante. Le sue rocce sono state la culla della più antica civiltà del mondo. Il fiume serpeggia attraverso tre stati dell’India e scorre verso ovest, fino a sfociare nel mare Arabico. È uno dei fiumi più belli, adorato e riverito da milioni di persone, ricco di tesori archeologici e ha un immenso significato religioso, perché si pensa che si possa raggiungere la Moksha, la salvezza, solo guardandolo. È il luogo natale degli ominidi, i primi esseri umani e i primi contadini dell’Asia. Anche gli indigeni sono contadini e vivono sulle sue sponde da generazioni. Per vivere hanno terra di buona qualità, tratti di dense foreste e le ricchezze dell’acqua. Una ricca cultura fatta di templi, moschee, ghats, dei e dee è fiorita sulle sponde del Narmada per secoli e decenni.
Tutto ciò è minacciato da una pioggia di dighe, che comprende 30 dighe più grandi, 135 dighe medie e tre mila dighe più piccole, previste lungo il fiume e i suoi affluenti. Alcune sono già state costruite, altre ancora lo devono essere lungo tutta la valle. L’indipendenza indiana nel 1947 ha visto un crescente appetito per la competizione con l’occidente sul suo stesso terreno e sui simboli dello sviluppo moderno. Grandi dighe, industrie diffuse e qualiasi cosa fosse «mega» era considerata un passo nella direzione della modernità e del progresso scientifico. Le dighe sul Narmada non fanno eccezione. La decisione di procedere con il progetto della diga Sardar Sarovar e con altre grandi dighe è stata presa senza alcuna consultazione con le popolazioni locali, nel modo più antidemocratico possibile e senza studi scientifici o piani al momento di dare il via libera.
L’emersione di un movimento popolare nonviolento nella valle del Narmada, il Narmada Bachao Andolan [Movimento per salvare il Narmada] è iniziata quando le migliaia di famiglie colpite dal progetto di Sardar Sarovar hanno cominciato a chiedere conto degli impatti sociali e ambientali del progetto, così come dei suoi costi e presunti benefici. Le affermazioni esagerate e false del governo e delle sue agenzie si sono, finora, rivelate per quello che sono: il costo del progetto è aumentato di 10 volte, mentre i benefici ricadono solo sul 10 per cento della popolazione che il governo aveva detto di voler «aiutare». Gli impatti sociali e ambientali che colpiscono le vite e le risorse di alcuni milioni di contadini e pescatori, indigeni e lavoratori, artigiani, mercanti e vasai sono diventati un grave motivo di conflitto e hanno costretto lo stato a bloccare l’innalzamento della diga e a rinviare il riempimento del bacino.
Il Narmada Bachao Andolan si è opposto anche alla Banca Mondiale e ha rivelato le sue pressioni indebite, attraverso progetti come il Sardar Sarovar, scelte errate a favore delle grandi dighe e priorità discutibili nelle politiche di gestione dell’acqua e dell’energia. La Banca Mondiale ha dovuto accettare una revisione indipendente del progetto della diga di Sardar Sarovar, che ha portato a bloccarne il finanziamento nel 1993, dopo l’ammissione dei gravi impatti del progetto stesso. L’intero programma ha causato una devastazione senza precedenti dell’ecosistema e lo sgombero forzato di centinaia di migliaia di persone, senza che alcun beneficio sia ancora visibile.
Negli anni, la protesta contro le dighe è cresciuta fino a diventare una critica verso la moderna idea di sviluppo e ha permesso l’elaborazione della richiesta di uno sviluppo sostenibile, basato sulle necessità delle persone. Le dighe in Narmada e le grandi dighe in generale sono diventate simbolo di un paradigma dello sviluppo iniquo e non sostenibile. La lotta si è diffusa ad altre dighe, come l’Indira Sagar e quella di Omkashewar, dove, nonostante esse siano state completate, non c’è ancora in vista alcun risarcimento per chi ha perso casa, terre e mezzi di sostentamento. Le persone colpite stanno contestando i risarcimenti che non prevedono nuova terra al posto di quella sommersa dai bacini artificiali. L’incapacità dello stato di organizzare programmi di risarcimento basati sull’agricoltura e sulla concessione di nuove terre da coltivare è ormai ampiamente provata e rende la costruzione di nuove dighe non solo futile ma anche illegale e ingiusta.
Il muro della diga di Sardar Sarovar ha raggiunto i 122 metri di altezza e la battaglia adesso è per evitare che siano costruite le chiuse di diciassette metri che significherebbero la distruzione per migliaia di famiglie delle loro case e delle loro terre. Esistono varie inchieste giudiziarie sui casi di corruzione nei programmi di ri-alloggiamento delle famiglie sfollate e sulle violazioni di legge. Il movimento chiede che l’intero Progetto di sviluppo della valle del Narmada sia bloccato e rivisto. In decenni di lotta, il movimento ha innescato un profondo dibattito sul senso dello sviluppo e ha ispirato altri movimenti contrari al modello egemone di «sviluppo», al saccheggio della terra e delle altre risorse naturali. È questo il principale terreno della sfida che i cittadini lanciano allo stato e al suo imponente apparato.
Il Movimento ha lanciato una serie di scioperi della fame, marce pacifiche e raduni di massa, anche mentre le acque del bacino salivano. I cittadini della valle del Narmada hanno dovuto affrontare con determinazione anche la forza bruta dello stato che ha usato ogni mezzo a sua disposizione contro i suoi stessi cittadini, in nome del «progresso», arrivando perfino a manipolare i media per controllare l’opinione pubblica. Il Movimento per salvare il Narmada continua ad affrontare queste tempeste e a battersi per uno sviluppo centrato sulle persone, basato sui pilastri della giustizia e della sostenibilità.
In questo tempo di discriminazione contro le persone e contro le comunità auto-governantesi, in questo tempo di dominio dei soldi e del mercato, la lotta per il Narmada ha ancora molta strada da fare. Deve anche assumere su di sé la sfida della ricostruzione delle comunità, secondo la sua visione dell’essere umano e con la tecnologia appropriata per proteggerne la vita.
Il Movimento è già coinvolto in una serie di progetti come le scuole della vita per i bambini delle comunità indigene e quelli per la gestione alternativa dell’acqua e dell’energia.
Tutto ciò è possibile solo con l’appoggio continuo di persone sensibili e di organizzazioni simpatetiche con la nostra lotta, attive nella ricerca della pace e della giustizia. Per questo sollecitiamo la vostra attenzione e il vostro appoggio.
È un modo per darsi la mano, contro modelli distruttivi di sviluppo, contro l’odio e lo sfruttamento, verso un’economia sostenibile, la giustizia e la pace.